L'ETNA - A MUNTAGNA: FOTO SPETTACOLARI

Sono numerosi i nomi che l'uomo nella storia ha attribuito a questo splendido vulcano. Etna non è un termine siciliano in quanto non armonizza con le disposizioni fonetiche del dialetto regionale. Il termine potrebbe derivare dal verbo greco Aitho che significa bruciare o fiammeggiare, quindi montagna di fuoco. Altro nome, oggi meno usato, è Mongibello, che non significa Monte Bello come erroneamente molti pensano, infatti questo termine deriva dal  latino "Mons" e dall' arabo "Gibel" (montagna);

 i dominatori arabi rimasero stupiti dalla maestosità del vulcano e cosi  pensarono di chiamarlo il Monte, come per dire la montagna per eccellenza. I siciliani sentendo nominare spesso la parola Gibel agli invasori si convinsero che questo fosse il nome del vulcano e dunque si abituarono a chiamarlo Mons Gibel. Tuttavia le popolazioni etnee e i catanesi della nostra epoca preferiscono chiamare il vulcano "a muntagna", termine che in sé racchiude il rapporto di  riverenza, ma anche di rispetto e gratitudine, che l'Etna instaura spontaneamente coi "figli" della sua terra.

L'Etna come vulcano è una risorsa naturale di rara bellezza per la Sicilia, l'Italia, il mondo. Come montagna è un rilievo di assoluto rispetto, il quinto monte più alto d'Italia con la sua altezza variabile a causa delle eruzioni che oscilla intorno ai 3320-3350 metri...

In molti ghiacciai europei si scia ad altitudini inferiori. La sua collocazione sovrastante il golfo di Catania e dunque la sua vicinanza al mare rendono ancor più imponente e affascinante il suo aspetto e attira ogni anno centinaia di migliaia di visitatori da tutto il globo. L'immaginario comune di un vulcano richiama alla mente ambienti ostili e privi di vegetazione. Ma queste condizioni si ritrovano solo oltre i 2000-2500 metri sull'Etna. Nelle fasce intermedie del vulcano si ritrova un ambiente florido e ricco di vegetazione che permette meravigliose escursioni.

L'Etna, con il suo fascino misterioso, fin dai tempi più antichi ha ispirato l'uomo nella creazione di leggende e di racconti mitologici legati ad essa. Non sono pochi i poeti greci e romani che citarono il vulcano: Omero, Virgilio, Orazio, Ovidio e altri ancora hanno descritto l'irreale atmosfera e panorama delle eruzioni etnee.

Grazie ad essi e alla tradizione popolare sono giunte ai giorni nostri numerose storie fantastiche. E' evidente come molti di questi racconti nacquero con lo scopo di fornire una spiegazione a quei fenomeni vulcanici che all'epoca non venivano considerati eventi naturali, ma manifestazioni divine. Ecco alcuni tra i più famosi miti:

La leggenda di Vulcano

Il dio Vulcano (chiamato anche Efesto) un giorno litigò con il sommo Giove; ovviamente il primo ebbe la peggio e fu scaraventato giù dall'Olimpo degli dei. La tremenda caduta tramortì il povero vulcano che quando si svegliò si accorse di essere su un'isola incantata che non aveva niente da invidiare all'Olimpo. Da allora Efesto prese il possesso dell'Etna dove si dice svolga l'attività di fabbro degli dei. Ecco spiegati i maestosi e spettacolari effluvi di lava e di gas.

Il mito di Tifeo

Tifeo era un gigante di grandissima statura. Un giorno questo decise di insidiare l'Olimpo. Allora Giove, adirato per l'irrispettoso l'atto, dopo una lunga e turbolenta lotta, decise di punire il gigante facendoli sorreggere la Sicilia con una particolare collocazione topografica: i piedi sotto il Lilibeo (Trapani), il braccio destro sotto il Peloro (Messina) e quello sinistro sotto Pachino ( Siracusa) e la testa proprio in prossimità dell'Etna. Ogni tanto l'irrequietudine del gigante darebbe vita ai terremoti e alle eruzioni dalla sua bocca.

Il mito di Ulisse e Polifemo

Questa famosa storia è narrata da Omero nell'Odissea ed è conosciuta in tutto il mondo. Ulisse, in ritorno da Troia, ebbe anche la sfortuna di imbattersi in Polifemo, uno dei feroci ciclopi con un occhio solo (mostruosi e giganteschi pastori) che dominavano la costa ionica siciliana. L'eroe greco, famoso per la sua arguzia, in un momento propizio, accecò il gigante con un palo di legno aguzzo. Polifemo iracondo voleva vendicarsi, ma essendo accecato non si accorse che Ulisse e compagni si erano aggrappati alla pancia dei pecoroni ed erano così usciti dalla grotta in cui erano tenuti prigionieri facendosi così burla del gigante. Il ciclope in un ultimo sussulto d'ira lanciò dei grossi massi contro Ulisse senza colpirlo dando origine ai faraglioni che oggi caratterizzano Acitrezza.

La leggenda di Aci e Galatea

Sempre sull'origine dei faraglioni di Acitrezza ed Acicastello si narra un'altra storia. Aci era un pastorello che viveva alle pendici dell'Etna. Questo era amato da Galatea, la quale però era a sua volta corteggiato da un ciclope. Il gigante non vedendo corrisposto il suo amore decise di uccidere Aci schiacciandolo con un gigantesco masso (uno dei faraglioni) credendo che finalmente Galatea si sarebbe concessa a lui. Ma non fu così. Galatea continuò ad amare il suo pastorello. Gli dei commossi dalle lacrime di Galatea decisero di trasformare il corpo di Aci in sorgenti d'acqua dolce che sgorgavano sui pendii del vulcano. Anche la gente fu commossa dall'amore contrastato di Aci e Galatea e in memoria del pastore si decise di usare il prefisso Aci per numerosi paesi della costa ionica e non solo. Ad esempio abbiamo Acitrezza, città dei tre faraglioni o Acicastello, nome attribuito alla presenza del castello sul mare, Acireale e altri ancora.